MIXITE' A PITTSBURGH

Commento all'articolo Mixité a Pittsburgh



Vengono illustrate tre realizzazioni di edifici con destinazione mista insieme ad alcuni studi progettuali per la città di Pittsburgh. Il concetto comune che lega questi progetti è quello della Mixité, <<una strategia di intervento che si fa sempre più strada nell'affrontare temi nuovi della città contemporanea nel passaggio tra un modello industriale e uno basato sul terziario e sull'informazione>>.

Bisogna innanzitutto contestualizzare gli interventi, e partire dall'idea di Pittsburgh come città post-industriale. Grazie alla confluenza di due fiumi, questa città della Pennsylvania rappresenta un importante polo dell'industrializzazione pesante americana, con industrie siderurgiche. In una città così partecipe e colma di elementi dell'epoca industriale, ancor più forte si è avvertita la rottura, la crisi, con questa epoca, con risultati altrettanto forti e "moderni". Vi è un forte reindirizzamento della città verso un modello del terziario avanzato a partire dagli anni Ottanta, tanto importante da vincere il premio di "città più vivibile d'America", togliendosi di dosso l'etichetta di città pesante, industriale, <<fumosa>>. Questo avvicinamento al terziario avvenne soprattutto grazie alla presenza di poli universitari, centro di ricerca e grazie allo sforzo verso il <<disinquinamento>>.

E' in questo contesto che nasce il concetto di mixité, in contrapposizione all'idea di zoning, di spazio naturalmente associato al tempo, di luoghi "monofunzionali", di momenti scanditi per funzioni. Il concetto di catena viene sostituito da un concetto di rete, in cui le idee precedentemente espresse perdono di significato e valore. La nuova tendenza progettuale si spinge nel campo delle interconnessioni tra spazi e funzioni, del multitaskin, dell'annullamento del tempo, che non esiste più come "ticchettio di un orologio", ma come compresenza di azioni, emozioni e connessioni. In quest'ottica, come annuncia lo Studio Liquid Strips, ogni progetto deve presentare, dal punto di vista funzionale, cinque componenti: Living, Creating, Infrastracture, Exchange e Rebuiding Nature. Tra queste molteplici funzioni, dopo un'attenta gerarchizzazione, viene individuata la Drivin force, punto cardine e prevalente del progetto, la sua <<forza trainante>>.

In questo contesto sociale e storico vengono a collocarsi tre progetti: La Glass Factory dello studio Davis&Gannon con Bruce Lindsey, il Dance Alloy di Edge-Studio e l'intervento Ellswrth Center di Arthr Lubetz Ass.


_Glass Factory: ha come motore della propria complessità la funzione della fabbricazione artigianale del vetro. Attorno ad essa però ruotano ulteriori funzioni, come ad esempio laboratori, aree di commercio ed esposizione, a rafforzare ancora di più la funzione trainante del progetto.

_Dance Aloy: la funzione prevalente è quella della sala prove per l'esercizio della danza, anche in questa situazione affiancata da ulteriori funzioni a rafforzamento.

_Ellsworth Center: un edificio con funzioni che vanno dalle attività commerciali, alle residenze, agli uffici.



Mixité Oggi

Al giorno d'oggi il concetto di Mixité si è esteso sempre di più. Non riguarda più esclusivamente "grandi" progetti, quali possono essere stadi, centri commerciali, poli multifunzionali.
Passeggiando per via del Corso a Roma mi sono imbattuta in qualcosa che non avevo mai avuto il piacere di notare, in un ambito simile. L'idea di centro commerciale all'aperto che rappresenta Via del Corso, dove però ogni funzione è distinta, connessa solo dall'infrastruttura, è completamente crollata nel mio immaginario.

All'interno di un noto negozio d'abbigliamento è stato posto un chiosco per bibite e panini, con due tavolini a muro per la consumazione, proprio dentro il negozio.

Siamo circondati di Mixité, è ovunque intorno a noi, ma soprattutto dentro di noi, è un nuovo modo di pensare la società e la città in cui viviamo.

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